Elogio del dubbio – o della maturità?

Ho una filastrocca infantile in testa, il flusso di incoscienza della mia maturità, un pensiero nonsense, giocoso e rigoroso, una legge: punto interrogativo e a capo. Ci son domande legittime e c’è chi è legittimato a domandare. Io, nel cantuccio freddo di ogni mio cruccio trovo un agio, quando non mi prende la fretta di interpretare. Bellezza puttana del dubbio! Stronza di un’ambiguità, ti bestemmio perché senza di te non sono. Non so fare a meno di cedermi e ritrarmi, cullarmi di ni, di forse e verbi al condizionale. Un indice perentorio condannerà il mio pendolar emotivo, ma migrando da un cruccio all’altro, ho emesso gemiti sospiri, omesso singhiozzi, imparato a rispettare alibi e vizi – miei. Ad ogni trasloco aumentano versi e poeti, scatoloni carichi di leggerezza e lezioni su come scremare il “dolce e demente furore”. Nelle ricette dimentico volentieri qualche ingrediente, ma dalle liste non escludo mai le esitazioni. Risparmio un po’ di colpe agli ormoni e l’ossigeno si nasconde meno spesso. Soffia vita tra le costole e, come una foglia morta, la lascio fare: trascinarmi indietro, issarmi in alto per ridarmi lo slancio. Lotto contro i mulini a vento, quando mi manca il pretesto per battagliare. Leggo le linee della mia mano piuttosto, se non so dove andare. Libero le parole dall’onere del sollievo: ho la realtà da riscattare. Ogni tanto cado ancora e ancora mi salva un punto di domanda rovesciato a mo’ d’amo per slabbrarmi la carne pur di riportarmi a galla – io che non sono un pesce, sott’acqua affogo!

Lascia un commento